Appalti, dalla formazione al nuovo Codice: il supporto dell’accreditamento

Accreditamento e bandi pubblici sono ormai un tandem consolidato. Il Codice Appalti non lascia dubbi: l’accreditamento è uno strumento efficace del procurement pubblico e privato, per selezionare i fornitori e qualificare gli operatori, garantendo l’affidabilità delle certificazioni che accompagnano prodotti, servizi e professionisti. Ma cosa comporta questo per il settore degli appalti pubblici? Lo spiega l’Avvocato Paola Conio, dello Studio Legale Leone, esperta della normativa in materia e consulente di Accredia nelle attività che vedono l’Ente impegnato in questo ambito.

 

Insieme ad Accredia ha lavorato per creare una sezione web per i bandi di gara in cui è possibile trovare lo Sportello bandi, le FAQ e le Linee guida. Ci può spiegare meglio di cosa si tratta?

E’ un’iniziativa significativa non solo per le stazioni appaltanti ma anche per tutti gli operatori interessati a questo ambito. Lo Sportello bandi, per esempio, consente ai soci di Accredia di segnalare delle criticità rispetto a bandi già pubblicati.

Attraverso queste segnalazioni vengono costruite le FAQ, cioè le domande che sono più frequenti e grazie alle quali l’operatore può rendersi conto di quelli che sono gli errori più frequenti e trovare un supporto utile e pratico per poterli evitare. Le valutazioni della conformità infatti sono un ambito specialistico e a volte, anche chi maneggia bandi da anni, non ha completamente chiaro il sistema e non ne conosce tutti gli aspetti, commettendo anche gravi errori nella stesura dei bandi. Errori che poi portano a contenzioso e a problematiche operative.

Con la volontà di fornire un supporto pratico e mirato alle stazioni appaltanti e agli operatori economici in generale, si è pensato di costruire anche delle Linee guida, sugli aspetti particolari che portano alla sovrapposizione tra il mondo dei contratti pubblici e quello delle valutazioni della conformità sotto accreditamento. All’interno delle Linee guida ci sono infine delle infarinature generali sull’Infrastruttura per la Qualità, utili per chi invece non è interessato agli avvisi pubblici ma vuole comunque capire come sono fatti e quale utilità possono avere.

 

Da poco è partito anche il secondo corso di formazione sulle valutazioni di conformità per le Stazioni appaltanti, sempre organizzato da Accredia, UNI, Itaca con la collaborazione, questa volta di Conforma, una delle associazioni che rappresenta il mondo degli organismi e dei laboratori. Quali sono i contenuti, gli obiettivi e il bilancio di questa iniziativa?

Attraverso la formazione per i Responsabili Unici dei Procedimenti, ovvero i soggetti che all’interno delle stazioni appaltanti curano effettivamente i procedimenti di gara, abbiamo cercato di dare un contributo a quegli ambiti che sono meno maneggiati dai RUP e sono proprio punti di intersezione tra la normativa e le valutazioni della conformità, espressamente citate nel nuovo Codice degli Appalti. Pensiamo ad alcuni elementi come i Criteri Ambientali Minimi, CAM, o alla possibilità che le valutazioni di conformità accreditate possano essere sostituite da prove equivalenti: questi sono un esempio di temi, che vengono approfonditi nei corsi di formazione, molto attuali e molto complessi.

Il bilancio dei corsi di formazione è sicuramente molto positivo anche perché si possono fare delle domande durante lo svolgimento e si può interagire con noi, richiedendo ulteriori delucidazioni. Il primo corso ci ha permesso di renderci conto di quanto mancasse nel panorama della formazione delle stazioni appaltanti questo ambito così articolato, vista la sua alta tecnicità, ma certamente importante perché può offrire delle fortissime leve strategiche, se utilizzato in modo in modo corretto e in modo consapevole.

 

Tra i tanti progetti in cantiere della PA, due la riguardano in modo particolare: la stesura del Nuovo Codice degli Appalti e la qualificazione delle stazioni appaltanti. Come stanno procedendo e qual è il contributo delle valutazioni della conformità e dell’accreditamento?

Stiamo procedendo anche perché il PNRR impone delle tempistiche che vanno rispettate e non ci possiamo permettere di bucare le scadenze. Ovviamente ci sono delle difficoltà, anche nell’individuazione del soggetto che dovrà stendere il Codice degli Appalti. Potrebbe essere incaricato il Consiglio di Stato, anche se a mio avviso non sarebbe proprio la soluzione ottimale visto che poi sarebbe proprio il Consiglio di Stato il soggetto chiamato a pronunciarsi sull’applicazione delle norme e sulla loro conformità, per esempio al diritto comunitario, compromettendo così l’obiettività della valutazione, essendone l’autore.

Uno dei temi principali della riforma del Codice Appalti del 2016 era proprio la qualificazione delle stazioni appaltanti. Finora non siamo ancora riusciti ad arrivare al risultato sperato, sia per resistenze nell’ambito dell’apparato amministrativo sia per la scarsa propensione del legislatore a supportare obiettivi così ambiziosi. La qualificazione delle stazioni appaltanti inoltre richiederebbe un’iniezione di risorse, perché bisognerebbe investire nei percorsi di formazione e nella verifica delle abilità conseguite attraverso gli stessi percorsi di formazione.

Potremmo immaginare di costruire uno standard di qualificazione delle stazioni appaltanti di riferimento tagliato ad hoc, con requisiti professionali specifici, dei propri e veri percorsi certificati che aiutino la qualificazione delle stazioni appaltanti. Le valutazioni di conformità accreditate potrebbero semplificare il lavoro dell’amministrazione, aiutando a capire se quello che sta affidando sia o meno rispondente ai requisiti che la stazione appaltante desidera, visto che la valutazione viene eseguita da soggetti terzi e imparziali. Semplificare significa riuscire a conseguire quegli obiettivi in modo facile, semplice e senza degli ostacoli inutili.

 

Parliamo ora di qualificazione degli operatori economici. Lo scorso anno Anac ha deliberato la possibilità anche per gli organismi di certificazione non accreditati, o riconosciuti in base al RT-05 di Accredia, di qualificare gli operatori economici nel settore dei lavori pubblici.  Quale criticità porta questa scelta e quali sono le possibili conseguenze per il mercato?

Il nostro sistema è basato su un’attestazione di qualificazione a svolgere i lavori pubblici, articolata in varie categorie di lavori e varie classifiche di importo. Per arrivare a ottenere questa qualificazione, a partire da una certa classifica, gli operatori economici hanno la necessità di dimostrare di avere anche una certificazione del proprio sistema di qualità aziendale. Vent’anni fa l’ex Sicert, ora Accredia, insieme all’ex Avcp, ora Anac, sollevarono l’esigenza di chiedere  requisiti ulteriori quando venivano rilasciate le certificazioni di qualità (UNI EN ISO 9001) per questo settore specifico, delle costruzioni, che questi requisiti particolari fossero verificati, e che la verifica fosse svolta in una maniera più effettiva, per esempio con delle verifiche fisiche proprio sui cantieri, non obbligatoriamente previste quando si certifica il proprio sistema di qualità aziendale.

Questo perché l’Italia è un Paese dove le criticità legate al settore delle opere pubbliche, e alle attività connesse, portano a una particolare esigenza di effettivo controllo, che non può essere solo cartolare, sul modo con cui un’impresa di costruzione gestisce la propria attività. Per questo è stato elaborato il Regolamento Tecnico Accredia RT-05 e, per rilasciare la certificazione di qualità in questo ambito, gli Enti che certificano in Italia sono obbligati a adottare le regole dell’RT. Nel momento in cui si ritiene che questo non sia necessario, si fa perdere un po’ di qualità al sistema e si può incappare in una disparità di trattamento di cui stanno già pagando dazio sul mercato gli organismi di certificazione italiani rispetto ai loro competitor stranieri.