Le tossinfezioni alimentari sono malattie causate dal consumo di cibi contaminati da sostanze tossiche (micotossine o tossine presenti nei funghi), inquinanti ambientali (diossine, PCB e metalli pesanti), agenti patogeni (virus, batteri e parassiti) o loro tossine (Staphylococcus aureus e Clostridium botulinum). Quando a causare le tossinfezioni sono alimenti di origine animale, si parla di zoonosi.
Nel fornire una panoramica sulle tossinfezioni in un’intervista per «Alimenti&Bevande», Silvia Tramontin, Direttore del Dipartimento Laboratori di prova di Accredia, è partita dai dati del Rapporto One-Health sulle zoonosi, prodotto dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e dal Centro europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC). Nel 2020, in 26 Stati membri dell’UE, è stata rilevata la presenza di 3.086 focolai di origine alimentare responsabili di 20.017 casi, di cui 1.675 ospedalizzati e 34 decessi. Le tossinfezioni alimentari segnalate con maggior frequenza in Europa sono la campilobatteriosi e la salmonellosi. Le più gravi, sia in termini di ricoveri ospedalieri che di mortalità, sono le infezioni causate dal patogeno Yersinia enterocolitica. Per quanto riguarda l’Italia, la salmonellosi si conferma quale malattia zoonotica notificata più spesso, mentre i casi di campilobatteriosi sono circa la metà. Purtroppo molti episodi di tossinfezione non vengono diagnosticati perché la maggioranza delle persone colpite non si rivolge al medico.
I sintomi delle tossinfezioni alimentari, e la loro gravità, dipendono dalla virulenza del ceppo e dalla dose infettante, nonché dall’età e dalle condizioni di salute individuali. Tra le malattie di origine alimentare causate da tossine, va ricordata quella da botulino (Clostridium botulinum) che, oltre ai sintomi gastrointestinali, presenta anche sintomi neurologici, potenzialmente fatali. Tra le tossinfezioni di origine batterica va annoverata quella da Listeria monocitogenes, che, pur avendo una incidenza bassa, è tra le più pericolose, soprattutto per i bambini, le donne incinte e gli anziani.
“In linea generale” – spiega Tramontin – “le potenziali fonti di infezione sono uova, pollame, latte, carne poco cotta, frutta e verdura fresca, prodotti lattiero-caseari non pastorizzati, pesce, alimenti pronti al consumo, frutti di mare, crostacei, molluschi. La contaminazione può avvenire in tanti modi e in qualsiasi fase della produzione: le materie prime possono essere contaminate dall’acqua usata per la coltivazione, dagli utensili impiegati o dagli operatori che manipolano il prodotto in azienda. Vi sono poi fattori di rischio intrinseci all’alimento, ad esempio i batteri del genere Vibrio, normalmente presenti nelle acque di mare, che vengono filtrati e concentrati dai frutti di mare.”
Se da una parte, nel corso degli anni, è aumentata l’attenzione dei consumatori verso una produzione sicura e una corretta cultura alimentare, dall’altra l’incremento degli scambi commerciali, del turismo, della ristorazione collettiva e delle mode alimentari hanno portato nuove forme eziologiche. Il Legislatore europeo è intervenuto a promuovere la diffusione delle migliori pratiche di gestione degli alimenti con la Direttiva 93/43/CEE, recepita in Italia con il D.Lgs. 155/1997, che ha introdotto il principio dell’autocontrollo dell’igiene nel settore alimentare basato sui principi dell’HACCP (Hazard Analysis Critical Control Points). Il responsabile dell’azienda deve individuare ogni fase potenzialmente critica per la sicurezza degli alimenti e definire misure di controllo atte a garantire la sicurezza e la salubrità dei prodotti.
“Per diagnosticare una tossinfezione è necessario eseguire test di laboratorio, così da identificare l’agente patogeno, e a garanzia dell’affidabilità di tali test” – spiega Tramontin – “la legislazione italiana richiede che i laboratori che svolgono analisi sugli alimenti siano accreditati. Più di 800 laboratori che operano nel settore hanno già ottenuto l’accreditamento da Accredia. Di questi, circa 600 hanno accreditato la prova per la ricerca di Salmonella, oltre 500 la prova di ricerca di Listeria, circa 150 la prova di ricerca di Campylobacter.”
Le tecniche impiegate in laboratorio possono essere diverse: colturali, molecolari o immunologiche.
- I tradizionali test colturali prevedono l’utilizzo di terreni di coltura appositamente formulati per consentire lo sviluppo selettivo del microrganismo target. Nella maggior parte dei casi, si procede a ulteriori test di laboratorio allo scopo di confermare l’identità del patogeno.
- I test di biologia molecolare in PCR (Polymerase Chain Reaction) sfruttano la possibilità di moltiplicare sequenze specifiche del materiale genetico dei microrganismi eventualmente presenti nel campione in esame. Questa amplificazione si realizza attraverso cicli che comprendono fasi di denaturazione del materiale genetico e ibridazione con molecole che innescano l’estensione e la successiva moltiplicazione. Il risultato di questa sequenza di operazioni viene poi evidenziato tramite un opportuno rilevatore, permettendo in maniera specifica e sensibile l’identificazione o meno del microrganismo target.
- I test immunologici si basano su reazioni di tipo immunoenzimatico e possono ricorrere a diverse tecniche/fasi. Una di queste è la cosiddetta tecnologia “a sandwich”, la quale prevede che un anticorpo “catturi” l’antigene bersaglio di un patogeno. Quindi, un secondo anticorpo, sempre marcato da un enzima, si lega a formare un “sandwich” anticorpo/antigene/anticorpo. Il prodotto della reazione è poi evidenziato da specifici rilevatori.
Sul piano della prevenzione, un’azione molto efficace è svolta dai controlli ufficiali dei veterinari del Sistema Sanitario Nazionale, sebbene siano l’ultimo passaggio nella filiera. “La prevenzione” – sottolinea Tramontin – “deve partire dagli operatori del settore alimentare, e proseguire con la collaborazione dei consumatori: una giusta cottura e il corretto mantenimento della catena del freddo, sono ottime misure per contenere il rischio di tossinfezioni. Tra le regole che è bene osservare, citerei quelle di: acquistare gli alimenti in luoghi autorizzati, rispettare le temperature di refrigerazione e, quando prescritta, la data di scadenza; privilegiare cibi cotti, lavare accuratamente frutta e verdura, possibilmente con bicarbonato per alimenti. Infine, il lavaggio accurato delle mani, la pulizia degli utensili e delle superfici, e la cura del frigorifero, sono fondamentali per evitare contaminazioni. Il Ministero della Salute e la rete degli Istituti Zooprofilattici hanno pubblicato varie infografiche sull’argomento. Infine, ricordo che ogni anno, il 7 giugno, si celebra la Giornata mondiale della Sicurezza alimentare, per accrescere la consapevolezza dell’impatto negativo del consumo di alimenti contaminati o deteriorati sulla salute pubblica.”