Finanza sostenibile in Europa: quale ruolo per i servizi accreditati?

Il cambiamento climatico è diventato negli ultimi anni protagonista delle politiche europee. L’Accordo di Parigi del 2015 per contenere l’innalzamento delle temperature rappresenta un primo decisivo risultato nell’identificare una strategia comune per il raggiungimento della neutralità climatica; la COP26 di Glasgow dello scorso ottobre 2021 è un altro momento importante in cui i leader della politica mondiale hanno illustrato le azioni che si impegneranno a adottare in vista dell’ambizioso obiettivo di raggiungere la neutralità climatica (nonostante alcuni importanti Paesi, come Cina, India e Australia, non abbiano sottoscritto l’impegno di eliminare il carbone entro il 2050).

COP26 ha sancito l’importanza strategica del settore finanziario per la transizione ecologica, così come testimonia l’iniziativa che riunisce le istituzioni finanziarie impegnate verso la conversione net zero dei propri attivi, nota come Glasgow Financial Alliance for Net Zero.

In Europa, le iniziative a sostegno di un’economia a zero emissioni sono promosse attraverso il piano di azione per la finanza sostenibile e il “Green Deal europeo”, che prevede una riduzione delle emissioni di gas serra del 55% nel 2030 rispetto ai valori del 1990 prima del raggiungimento della completa carbon neutrality nel 2050. Nell’ambito del cosiddetto pacchetto Fit for 55%, l’UE si propone di fornire un quadro coerente per il raggiungimento degli obiettivi climatici, in grado di:

  • garantire una transizione giusta e socialmente equa
  • mantenere e rafforzare l’innovazione e la competitività dell’industria dell’UE assicurando nel contempo parità di condizioni rispetto agli operatori economici dei paesi terzi
  • sostenere la posizione leader dell’UE nella lotta globale contro i cambiamenti climatici

Tale pacchetto di misure richiederà un enorme impegno finanziario stimato in 260 miliardi di € in più all’anno (Forum per la Finanza Sostenibile – giugno 2021).

Recentemente, la proposta REPowerEU, il pacchetto di misure che la Commissione europea ha adottato il 18 maggio scorso per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili provenienti dalla Russia e accelerare la transizione verde, aumenta significativamente gli obiettivi già previsti dal pacchetto Fit for 55. La Commissione stima che il costo delle misure previste nel nuovo pacchetto sia dell’ordine di 210 miliardi di euro, concedendo agli Stati membri di attingere ai prestiti non utilizzati di NGEU o di devolvere agli obiettivi energetici parte dei fondi per la coesione o per lo sviluppo rurale.

Anche banche e assicurazioni sono chiamate ad allocare risorse e indirizzare gli investimenti tenendo conto dei principi della sostenibilità ESG (Environmental, Social, Gorvernance), proprio perché il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi delle politiche europee sul clima, saranno raggiunti solo attraverso il coinvolgimento di capitali privati.

Oltre ai costi per la collettività, il rischio climatico ha un forte impatto proprio sul settore finanziario. È consuetudine distinguere il rischio climatico tra rischio fisico, legato alle conseguenze dirette del cambiamento climatico (es. eventi atmosferici estremi, riscaldamento globale) e rischio di transizione. Quest’ultimo si riferisce alle perdite finanziarie che l’inasprimento delle politiche climatiche – per raggiungere la neutralità carbonica – determinerebbero sulle imprese e sul settore finanziario, con conseguenti ripercussioni sulla stabilità del sistema bancario. In particolare, l’impatto del rischio climatico sulle società non finanziarie influisce sulla redditività e sulla sostenibilità del loro debito, con conseguenti ripercussioni sulla vulnerabilità finanziaria e, quindi, sul rischio di credito delle banche.

La difficoltà di selezione delle attività sulla base dei criteri di sostenibilità (ESG) deriva dalla mancanza di uniformità di regole che definiscano cosa sia green e cosa no, il che ha portato le singole imprese ad “autodefinirsi” sostenibili (cd. greenwashing).

Per questo la Commissione, fin dal 2018, adottando il primo piano d’azione per finanziare lo sviluppo sostenibile, prevedeva tre pilastri alla base del framework:

  • la Tassonomia UE, una classificazione comune basata su criteri scientifici per le attività economiche che possono essere definite sostenibili
  • un regime di disclosure non finanziaria, per fornire agli investitori le informazioni per compiere scelte di investimento sostenibile
  • un pacchetto di strumenti per gli attori economici, per prevenire il greenwashing e incentivare gli investimenti sostenibili

 


Investimenti sostenibili


La Tassonomia è stata introdotta dal Regolamento UE 2020/852 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili. E’ una classificazione comune a livello UE delle attività economiche che possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale, concepita come strumento per guidare le scelte di investitori e imprese.

Le attività sono selezionate in base alla possibilità di contribuire a sei obiettivi ambientali identificati dalla Commissione europea:

  1. mitigazione del cambiamento climatico
  2. adattamento al cambiamento climatico
  3. uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine
  4. transizione verso l’economia circolare, con riferimento anche a riduzione e riciclo dei rifiuti
  5. prevenzione e controllo dell’inquinamento
  6. protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi

Per essere eco-compatibile, un’attività deve soddisfare quattro criteri:

  1. contribuire positivamente ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali
  2. non produrre impatti negativi su nessun altro obiettivo
  3. essere svolta nel rispetto di garanzie sociali minime (per esempio, quelle previste dalle convenzioni dell’International Labour Organization)
  4. rispettare i criteri tecnici identificati da Atti delegati adottati dalla stessa Commissione europea

Con la Tassonomia, l’Unione europea persegue l’obiettivo di definire un quadro di regole comuni in cui gli investitori (pubblici e privati) possano operare allocando risorse verso attività e progetti realmente sostenibili. Il processo di approvazione degli Atti delegati sta avvenendo gradualmente.  A giugno 2021 è stato pubblicato il Climate Delegated Act, che fornisce i criteri di screening tecnico per i primi due obiettivi: mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. A luglio 2021 è stato adottato il Disclosure Delegated Act, che definisce gli obblighi di informazione e rendicontazione per le società sia finanziarie che non finanziarie. A febbraio 2022 la Commissione ha pubblicato l’Atto Delegato complementare sul clima, che inserisce nella Tassonomia il nucleare e il gas naturale, stabilendo però condizioni rigorose per la loro ammissione tra le attività transitorie verso la neutralità climatica. La produzione normativa dell’UE ha, in una prima fase, sostenuto i flussi di investimento verso attività economiche che erano già ritenute sostenibili, con l’obiettivo di definire un framework più esteso attraverso Atti delegati che includano ulteriori attività sostenibili nella Tassonomia.

 


Trasparenza nelle dichiarazioni non finanziarie


Una grande innovazione introdotta dal Regolamento Tassonomia è contenuta nell’art. 8 sulla “Trasparenza delle imprese nelle dichiarazioni di carattere non finanziario”. In base a tale norma, qualsiasi impresa soggetta all’obbligo di pubblicare la DNF (Dichiarazione di carattere Non Finanziario) deve, a partire dal 1° gennaio 2022, includere nel suddetto documento apposita informativa su come e in che misura le sue attività siano allineate alle attività economiche considerate “ecosostenibili” ai sensi del Regolamento. Attualmente sono obbligati a presentare la DNF i c.d. “Enti di interesse pubblico”, vale a dire le società̀ quotate, le banche e le imprese di assicurazione e riassicurazione.

Al fine di precisare il contenuto e le modalità della DNF, con specifico riferimento alle dichiarazioni prescritte dall’art. 8 del Regolamento Tassonomia, la Commissione europea ha adottato il Regolamento Delegato 2021/2178, sull’obbligo e modalità di comunicazione delle attività economiche ecosostenibili. Con questo è possibile tradurre in indicatori quantitativi di prestazione economica (c.d. KPI) i criteri di vaglio tecnico dei sopracitati Atti delegati in relazione agli obiettivi ambientali.

In particolare, l’obbligo di comunicazione della DNF ha per oggetto tre indicatori quantitativi di prestazione, costituiti da:

  1. la quota di fatturato proveniente da prodotti o servizi associati ad attività economiche ecosostenibili
  2. la quota di spese in conto capitale relative ad attivi o processi associati ad attività economiche ecosostenibili (CapEx)
  3. la quota di spese operative relative ad attivi o processi associati ad attività economiche ecosostenibili (OpEx)

Per tali indicatori le imprese dovranno indicare la % di allineamento alla Tassonomia.

Le attività previste dal Regolamento Tassonomia sono di tre tipi:

  1. Contributo sostanziale: forniscono un contributo sostanziale ad almeno uno dei 6 obiettivi
  2. Transizione: attività per le quali non esistono alternative low-carbon tecnologicamente ed economicamente praticabili
  3. Abilitanti: consentono ad altre attività di apportare un contributo sostanziale a uno o più obiettivi (nel rispetto del principio DNSH – Do Not Significant Harm)

Se un’attività soddisfa i criteri tecnici che determinano un contributo sostanziale alla mitigazione, l’azienda potrà considerare allineati alla Tassonomia (taxonomy aligned) sia fatturato sia spesa in conto capitale ed eventualmente la spesa operativa effettuate per espandere queste attività, oppure per mantenerle allineate alla Tassonomia.

Al contrario, se un’attività soddisfa i criteri tecnici che determinano un contributo sostanziale all’adattamento al cambiamento climatico può considerare, come allineata alla Tassonomia, soltanto la spesa effettuata per rendere l’attività resiliente al cambiamento climatico, a meno che l’attività non soddisfi anche i criteri che determinano il contributo sostanziale a un altro obiettivo della Tassonomia.

Infine, se un’azienda svolge un’attività che non soddisfa i criteri di mitigazione e adotta un piano di investimenti che ha l’obiettivo di raggiungere i criteri della Tassonomia, può contare come taxonomy aligned la spesa in conto capitale e operativa effettuata per soddisfare i criteri della Tassonomia; potrà contare come taxonomy aligned il fatturato quando il progetto di allineamento sarà arrivato a conclusione.

Se poi un’azienda svolge un’attività che non è compresa nella Tassonomia può contare come taxonomy aligned la spesa effettuata per acquistare prodotti da attività che sono allineate alla Tassonomia.


Accreditamento e servizi accreditati


A oggi, nel Regolamento Tassonomia, il riferimento agli strumenti delle valutazioni della conformità accreditate è previsto unicamente per la verifica delle misure correttive e dell’EMP (Environmental Monitoring Plan) nei casi di “transizioni intermedie” (amber transitions) volte a migliorare le prestazioni ambientali, allontanando le attività dallo “spazio di danno significativo”. In particolare tale verifica è ammessa attraverso:

  • la presentazione di report periodici all’amministrazione locale che ha richiesto gli EMP
  • gli audit di conformità ISO 14001 che vengono effettuati da terzi
  • attraverso il processo di verifica del Bilancio di Sostenibilità aziendale

Inoltre, un audit specifico potrebbe essere svolto da un organismo accreditato per verificare gli investimenti effettivamente effettuati tra quelli richiesti dall’organismo responsabile. In questo caso, tuttavia, il riferimento all’accreditamento non richiama esplicitamente il Regolamento 765/2008. Le spese in conto capitale e operative effettuate per migliorare le proprie prestazioni ambientali in tale ambito possono essere considerate taxonomy-aligned.

Lo spirito con cui la Commissione sta costruendo un quadro di regole comuni attraverso la Tassonomia è certamente inclusivo, ossia coinvolgendo le parti interessate. La previsione, in futuri Atti delegati, di inserire le attività accreditate tra quelle considerate sostenibili o, nei casi di transizioni intermedie, tra le spese in conto capitale e operative effettuate per soddisfare i criteri della Tassonomia, è certamente auspicabile. Lo è perché, seppur si tratta di attività di servizi a supporto di imprese e istituzioni, i benefici diretti per la collettività (riduzione di costi esterni) sono molteplici e rilevanti. In particolare nello studio dell’Osservatorio Accredia “Accreditamento e certificazioni. Valore economico e benefici sociali” realizzato con Prometeia, è stato dimostrato che la certificazione accreditata dei sistemi di gestione ambientale ai sensi dello standard UNI EN ISO 14001 porta a una riduzione annua delle emissioni di 7,76 milioni di tonnellate di CO2, a cui si aggiunge un riduzione di circa 6 milioni di tonnellate di CO2 grazie all’adozione delle certificazioni energetiche UNI CEI EN ISO 50001,  UNI CEI 11352 e UNI CEI 11339. Complessivamente, anche considerando ambiti ulteriori, come la sicurezza sul lavoro o la sicurezza alimentare, il contributo annuo dei servizi accreditati alla riduzione dei costi esterni (emissioni di CO2, incidenti sul lavoro, malattie derivanti da consumo alimentare) è stimato in circa 1,3 miliardi di euro/anno.

In conclusione, i tre principi ESG (Environmental, Social, Gorvernance), fulcro dell’azione politica di Bruxelles, direttamente collegabili ai 17 Obiettivi ONU sullo sviluppo sostenibile (SDG’s), trovano già oggi un supporto diretto nei servizi accreditati. Il sistema europeo di accreditamento e i soggetti accreditati (organismi di certificazione, ispezione, verifica e validazione; laboratori di prova e medici e organizzatori di prove valutative interlaboratorio; laboratori di taratura e produttori di materiali di riferimento) sono pronti ad avere un ruolo nelle politiche europee per la finanza verde, contribuendo ad una transizione ecologica realmente equa ed inclusiva.