Operare eticamente nel sistema della qualità e della valutazione della conformità

Le problematiche che in misura crescente accompagnano lo sviluppo del sistema economico e produttivo, e la stretta attualità di temi sensibili come l’intelligenza artificiale e la sostenibilità, alimentano il dibattito sull’etica applicata alla valutazione della conformità di “parte terza”, affidata cioè agli organismi di valutazione della conformità (CAB) e agli Enti di accreditamento (AB), in quanto strutturalmente equidistanti delle parti interessate.

L’argomento è stato trattato lo scorso febbraio durante il convegno “L’etica nelle attività di valutazione della conformità”, organizzato da Accredia con l’Infrastruttura per la Qualità nell’ambito della fiera Automation & Testing di Torino, e ora viene approfondito dall’ispettore Accredia Nicola Gigante nel suo articolo “L’etica nella valutazione di conformità di terza parte”.

 


Il “sistema etico”


Se l’etica può considerarsi intrinseca al giudizio di terza parte, affinché gli effetti della valutazione imparziale possano esprimersi in termini di beneficio collettivo, essa deve caratterizzare anche le organizzazioni che applicano i requisiti di certificazione/ispezione/prova o taratura, oltre che di tutte le altre parti interessate, inclusi gli stessi clienti e fornitori.

Un’etica “delle responsabilità” non è solo affidata ai codici comportamentali – comunque indispensabili per orientare le decisioni e le azioni – ma è anche fondata sul senso morale degli attori e sul giusto bilanciamento fra confronto dialettico e reciproca fiducia.

E’ un’etica condivisa da ciascuno dei soggetti che animano l’infrastruttura della Qualità, seppure espressa in modi diversi:

  • dai CAB e dagli AB nella forma dell’imparzialità
  • dalle organizzazioni, attraverso l’affidabilità dei comportamenti, il rispetto dei diritti e dell’ambiente
  • dai beneficiari finali dell’Infrastruttura della Qualità, in termini di coerenza e di onestà nelle transazioni.

Un vero e proprio “sistema etico”, dunque, nel quale l’Ente di accreditamento accerta e attesta l’imparzialità dei CAB i quali, a loro volta, si confrontano con l’approccio etico delle organizzazioni, ma sono chiamati anche a valutare/dimostrare la propria stessa imparzialità.

Quest’ultimo aspetto è tipicamente risolto dai CAB attraverso l’identificazione e la corretta gestione dei rischi per l’imparzialità, come previsto dalle norme di accreditamento. Tuttavia, tale “autovalutazione” contiene una potenziale contraddizione, in quanto è essa stessa “di parte” e quindi potrebbe risultare non adeguata a risolvere il dilemma fra massimizzazione del profitto e integrità/imparzialità. Generalmente infatti, i CAB operano, a tutti gli effetti, come operatori economici, e in quanto tali riflettono, legittimamente, le logiche del libero mercato.

 


Approccio etico e approccio collaborativo


La soluzione passa attraverso l’attuazione di opportuni “meccanismi” a presidio dell’imparzialità, tali da favorire il coinvolgimento di interessi diversi, anche antagonisti.

Ma affinché tali meccanismi “funzionino”, occorre che, con trasparenza, la determinazione dei rischi per l’imparzialità sia sottoposta a tutte le parti interessate pertinenti. Ed è anche necessario che queste ultime abbiano:

  • la reale possibilità di condizionare in modo concreto i comportamenti del CAB
  • la competenza necessaria per esercitare tale possibilità in modo appropriato.

D’altra parte, a tale approccio dialettico, basato sul confronto fra interessi diversi, anche contrapposti, è necessario che si accompagni un approccio collaborativo, fondato sul comune intento di realizzare il fine principale dell’Infrastruttura della Qualità: quello di favorire e promuovere il crescente benessere della collettività.