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L’IQ sostiene la società inclusiva: lavoro e parità di genere

Pillole di Osservatorio
04 agosto 2021

La “diversity inclusion” è una delle principali sfide per lo sviluppo sostenibile del Paese. Le imprese avranno un ruolo da protagoniste e, anche grazie all’accreditamento, potranno colmare la differenza di genere che affligge il mercato del lavoro.

La sostenibilità è un concetto ampio che, per certi versi, disciplina ogni aspetto della vita. È una lente diversa con cui leggere lo sviluppo mettendo al centro la tutela di diritti fondamentali. Nel 2015, i 17 Obiettivi ONU per lo sviluppo sostenibile hanno definito il perimetro e le direzioni verso le quali le economie e le nostre società dovranno tendere per aumentare il benessere di tutti. Il tema dell’inclusione, come superamento di ogni forma di discriminazione, di genere, di razza, di religione, di orientamento sessuale, di provenienza geografica, è centrale per lo sviluppo di una società coesa e costituisce uno dei piani sui quali monitorare lo sviluppo sostenibile.

Nel nostro Paese, a fronte di una crescente consapevolezza dell’impatto antropico sull’ambiente, il dibattito sui temi dell’inclusività stenta invece a far presa. Eppure i nostri padri costituenti, ben prima del 2015, avevano riconosciuto le diversità e previsto una tutela per consentire fattivamente la partecipazione di tutti “i lavoratori” alla res publica. E’ radicato, quindi, il principio di uno sviluppo inclusivo che attraverso il lavoro consenta a tutti di autodeterminarsi e realizzare i propri scopi e non è un caso che ci si riferisca al lavoro come attività inclusiva.


Società inclusiva e lavoro


Una crescita economica sostenibile, d’altronde, richiede alle società di creare condizioni che permettano alle persone di avere posti di lavoro di qualità, al di là di qualsiasi discriminazione (obiettivo 8 dell’Agenda ONU 2030 “Lavoro dignitoso e crescita economica”). Possedere un lavoro dignitoso, adeguatamente remunerato, sicuro e rispondente alle competenze, è infatti un aspetto che contribuisce in modo decisivo al benessere. Il lavoro è alla base del contratto sociale a fondamento di società democratiche come la nostra, secondo cui tutti dobbiamo contribuire al progresso.

Tuttavia, ancora oggi, un basso livello di occupazione e una forte differenza di genere, diversa a seconda del livello di istruzione e di provenienza territoriale, caratterizzano il nostro Paese. Tra gli elementi di diversity che incidono di più c’è infatti la questione di genere, un problema molto lontano dall’essere risolto (obiettivo 5 dell’Agenda ONU 2030 “Parità di genere”).

 


Lavoro e disparità di genere


Sono molte le dimensioni con le quali rappresentare il posizionamento delle donne nel quadro economico e sociale del nostro paese, ma, quale dimensione centrale e data la sua funzione inclusiva, è proprio il lavoro la chiave di lettura migliore, per monitorare lo status delle donne.

L’asimmetria nel lavoro familiare, calcolata da Istat, è la percentuale del carico di lavoro familiare svolto dalle donne tra i 25 e i 44 anni sul totale del tempo di lavoro familiare svolto da coppie in cui entrambi sono occupati: nel 2019, il 63% del tempo di lavoro familiare era svolto da donne tra i 25 e i 44 anni. Si tratta di una percentuale elevata che negli ultimi 11 anni è sempre stata superiore al 60%.

Anche i tassi di disoccupazione restituiscono un quadro fortemente penalizzante per le donne. La serie trimestrale degli ultimi 5 anni dimostra, per le donne, un differenziale positivo pressoché inalterato nel tempo.

Un’altra drammatica statistica dimostra un differenziale nelle retribuzioni orarie a svantaggio delle donne. A fronte di 1,57 euro, che diventa di 2,17 euro considerando il totale industria escluse le costruzioni, i settori nei quali tale differenza è maggiormente evidente sono le “attività finanziarie e assicurative”, le “attività professionali, scientifiche e tecniche”, i “servizi di informazione e comunicazione”, rispettivamente con un differenziale di 8,52 euro, 4,87 euro e 4,01 euro.

Nel grafico, il differenziale è ottenuto dalla media aritmetica semplice della retribuzione oraria calcolata a livello di singola posizione lavorativa, e la retribuzione oraria della singola posizione lavorativa dipendente delle imprese è ottenuta come rapporto fra la retribuzione lorda imponibile a fini contributivi a carico del datore di lavoro e le ore retribuite stimate sempre a carico del datore di lavoro.

Eppure sono ormai numerosi gli studi che hanno dimostrato come la diversità e l’inclusione sul posto di lavoro possono contribuire all’innovazione e portare vantaggi economici alle aziende. È dimostrato che quando i dipendenti si sentono ascoltati, è molto più probabile che siano motivati e facciano del loro meglio, in condizioni che consentano una collaborazione e una partecipazione efficaci. Eppure, mentre i cittadini hanno acquisito maggior consapevolezza e i Governi hanno scelto di promuovere uno sviluppo inclusivo, molte aziende sono rimaste indietro.

 


Vantaggi per le aziende e ruolo della IQ


Un articolo dell’Harvard Business Review “How Diversity Can Drive Innovation” riporta i principali risultati di un’autorevole ricerca dalla quale emerge come la diversità in azienda sia accompagnata da migliori performance. Le dimensioni con cui, in questo studio è stata misurata la diversità sono molteplici e vanno dal genere e dall’etnia, all’apertura mentale derivante da una significativa esperienza di studio/lavoro all’estero. È stato verificato, attraverso un sondaggio rivolto a 1.800 professionisti impiegati in aziende del settore privato americano, che un maggiore livello di diversità aiuta a innovare grazie a un ambiente in cui vengono ascoltate le idee di tutti i dipendenti. In generale la disponibilità del management ad accogliere nuove idee porta a un maggiore impegno del personale e a migliori risultati. In particolare vengono individuati sei comportamenti abilitanti legati a migliori risultati economici:

  • Garantire che tutti siano ascoltati
  • Rendere sicuro proporre nuove idee
  • Dare ai membri del team autorità decisionale
  • Condividere i meriti
  • Garantire feedback utili
  • Sviluppare feedback sul team.

La ricerca del Boston Consulting Group “Diversity at work” ha dimostrato che gli effetti sulle performance delle diverse dimensioni con cui viene misurata la diversità (genere, età, nazione di origine, percorso di carriera, esperienza lavorativa e istruzione) sono additivi. Sfruttare appieno le potenzialità della diversità significa quindi promuovere la presenza di molteplici fattori di supporto alle molteplici dimensioni di diversità, come la parità di retribuzione, una leadership partecipativa, una comunicazione frequente e aperta alle nuove idee.

Anche l’Infrastruttura per la Qualità, consapevole della necessità di promuovere l’equità e la partecipazione di tutti in azienda, ha iniziato a occuparsi di questi temi. Recentemente l’International Organization for Standardization (ISO) ha pubblicato lo standard ISO 30415:2021 ” Human resource management – Diversity and inclusion” che descrive proprio ciò che è necessario per creare una cultura organizzativa diversificata e inclusiva e sfruttare i vantaggi che ne derivano.

In Italia è partito il progetto di PdR UNI per definire le “linee guida sul processo di adozione di specifici KPI inerenti le Politiche di parità di genere nelle organizzazioni”, a cui collabora Accredia, che sarà sviluppato in linea con i principi ispiratori dei documenti normativi UNI, CEN ed ISO e con le peculiarità del tessuto socio-economico italiano.

In dettaglio, l’obiettivo è guidare un processo di strutturazione e adozione di un insieme di indicatori prestazionali (KPI) inerenti le politiche di parità di genere nelle organizzazioni, con riferimento particolare alle seguenti aree:

  • Opportunità di crescita in azienda
  • Equità remunerativa
  • Politica di gestione della differenza di genere
  • Politica per la tutela della maternità.

La valutazione sullo sviluppo di una cultura inclusiva non può tuttavia fermarsi a valutarne i molti benefici economici e sociali. Si tratta infatti di una questione di equità che riguarda i diritti fondamentali sulla base dei quali è costruita la società. Sono temi centrali per il benessere della collettività che sicuramente contribuiscono al miglioramento delle performance aziendali ma che, ancor più importante, contribuiscono alla coesione sociale e a una cultura inclusiva in cui nessuno è lasciato indietro.