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Shelf life: le prove accreditate per una maggiore sicurezza alimentare

Notizia
16 dicembre 2021

Data di scadenza e termine minimo di conservazione contribuiscono a garantire la qualità degli alimenti e a tutelare la salute dei consumatori. Per determinarli in maniera corretta, i produttori si avvalgono sempre più spesso delle prove accreditate.

La tutela della salute della collettività dipende dalle tecniche per garantire l’integrità e la sicurezza degli alimenti fino al momento del consumo. Il termine shelf life (letteralmente “vita di scaffale”) indica il periodo tra la produzione e il consumo sicuro, ossia il tempo che intercorre senza che nel prodotto si verifichino modifiche organolettiche tali da comprometterne la sicurezza igienico sanitaria. La shelf life secondaria (“pantry shelf life”) indica invece il periodo successivo all’apertura della confezione, durante il quale l’alimento mantiene caratteristiche nutrizionali, igienico sanitarie e sensoriali accettabili.

Il ruolo dei laboratori di prova accreditati per la determinazione della shelf life è il tema dell’intervista a Silvia Tramontin, Vice Direttore e Direttore del Dipartimento Laboratori di prova di Accredia, pubblicata sull’ultimo numero della rivista Alimenti e Bevande.

Per consentire scelte consapevoli riguardo agli alimenti da acquistare e prevenire il rischio di omissioni o informazioni che possano trarre in inganno i consumatori, il Regolamento UE 1169/2011 prevede l’obbligo di riportare sulle etichette la durata di conservazione, le condizioni di conservazione e l’uso sicuro. A seconda della tipologia di alimenti, variano le regole per l’indicazione della shelf life. Nella maggior parte dei casi è sufficiente specificare il termine minimo di conservazione (TMC, “da consumarsi preferibilmente entro il…”), ma se si tratta di alimenti freschi e deperibili, il cui consumo dopo un dato periodo comporta rischi per la salute, è necessario indicare una data di scadenza (“da consumarsi entro il…”). In alcuni casi la legge stabilisce le caratteristiche che l’alimento deve mantenere fino alla fine della durata commerciale del prodotto: nello yogurt, ad esempio, deve perdurare la presenza di fermenti lattici vivi e vitali in quantità non inferiori a 10 milioni per grammo di prodotto.

La durata da riportare sulla confezione, tale da garantire il mantenimento delle caratteristiche organolettiche richieste, deve essere individuata dal produttore a seguito di studi di shelf life.

Lo scopo dello studio di shelf life è determinare il principale meccanismo di deterioramento del prodotto e, fissato il criterio di accettabilità, stabilire il tempo massimo entro il quale tale criterio è rispettato. Il ricorso a modelli predittivi, basati su algoritmi matematici realizzati con dati provenienti da test di laboratorio, consente di ottenere gli andamenti di specifiche flore microbiche in funzione delle caratteristiche del prodotto. Il numero di prove analitiche varia a seconda del tipo di prodotto, ma in generale un protocollo per lo studio della shelf life deve fornire almeno queste indicazioni:

  • microrganismi parametri chimico-fisici oggetto di studio
  • tipologia, metodi e frequenza delle analisi
  • modalità̀ di campionamento
  • condizioni di conservazione durante la sperimentazione
  • documentazione dei risultati
  • interpretazione dei risultati analitici

Ovviamente i risultati dei test microbiologici dipendono anche dal metodo analitico utilizzato. Ricorrere a metodi di riferimento riconosciuti (ad esempio ISO, EN, UNI) è quindi fondamentale per ottenere risultati affidabili.

Accredia accredita anche metodi alternativi, a condizione che siano validati da un organismo di certificazione di terza parte accreditato rispetto al metodo di riferimento e in accordo alla norma EN/ISO 16140, o altro protocollo accettato a livello internazionale. Sebbene non sia un requisito obbligatorio per lo studio di shelf life, è raccomandato che gli operatori del settore alimentare utilizzino laboratori accreditati per condurre le prove analitiche.

L’accreditamento è obbligatorio nel caso le prove siano finalizzate a garantire la sicurezza alimentare: in tal caso l’alimento deve rispettare i criteri microbiologici di sicurezza indicati nel Regolamento CE 2073/2005 e il rapporto di prova deve riportare il marchio Accredia.

Praticamente tutti i laboratori che operano nell’ambito dell’autocontrollo per le aziende alimentari hanno accreditato le prove per la ricerca dei patogeni.

Nella banca dati Accredia risultano poco meno di 300 laboratori accreditati per la ricerca della Listeria Monocytogenes e circa 450 accreditati per la ricerca della salmonella. Questi dati confermano il ruolo fondamentale dell’accreditamento quale strumento di garanzia della qualità e della sicurezza degli alimenti a tutela della salute dei consumatori.

L’intervista integrale a Silvia Tramontin “Valutazione della shelf life, il ruolo delle analisi di laboratorio” è stata pubblicata su Alimenti & Bevande (Nov/Dic 2021).