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Sostenibilità: le certificazioni accreditate possono contrastare il greenwashing

Intervista
24 novembre 2022

“Tutte le asserzioni che fanno riferimento a degli standard aumentano sicuramente la fiducia del consumatore nel marchio” fa sapere Battellino, Funzionaria Tecnica e Ispettrice di Accredia che segue gli accreditamenti nei settori energia e sostenibilità.

Da gennaio 2024 le grandi imprese – a seguire le altre – dell’Unione europea saranno obbligate a rendere pubblici i dati del loro impatto sull’ambiente, sulle persone, sul pianeta e sui rischi di sostenibilità a cui sono esposte. Ciò dovrebbe ridurre il greenwashing, rafforzare l’economia sociale del mercato europeo e gettare le basi per standard di trasparenza sulla sostenibilità a livello mondiale. E’ la “Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD”, la Direttiva UE approvata dal Consiglio lo scorso 28 novembre, che mette le informazioni sulla sostenibilità sullo stesso piano delle informazioni finanziarie.

Ne parliamo con Elena Battellino, Funzionaria Tecnica e Ispettrice di Accredia che segue gli accreditamenti degli organismi di certificazione nel settore dell’energia e più in generale nel campo della sostenibilità, oltre alle nuove attività di verifica e validazione conformi alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17029.

 

Partiamo dal greenwashing, ossia le strategie di comunicazione delle aziende che si dichiarano sostenibili per aumentare la loro reputazione, ma le cui azioni non sono sempre verificate o verificabili dal punto di vista della sostenibilità. Che cosa può fare la certificazione accreditata per cercare di contrastare questo fenomeno?

A gennaio 2021, la Commissione europea e le Autorità nazionali per la tutela dei consumatori hanno pubblicato i risultati di uno screening fatto sulle comunicazioni dei siti web aziendali per valutare la veridicità delle informazioni diffuse. È emerso che quasi il 42% delle comunicazioni erano esagerate o false o ingannevoli e che quindi si potessero configurare come delle pratiche commerciali sleali. Come cittadini e consumatori, ogni volta che vediamo un marchio o un’asserzione ci chiediamo cosa ci sia dietro, se è vero quello che mi stanno dicendo, quello che cercano di vendermi. Molto spesso, se dietro a un marchio non vi è un processo di verifica trasparente, con dei requisiti definiti, con delle regole di valutazione e di verifica condiviso o comunque note, è molto probabile che la fiducia in questa asserzione non sia così alta. Tutte le asserzioni che fanno riferimento a degli standard aumentano sicuramente la fiducia nelle comunicazioni del marchio.

Nel 2021, ISO ha pubblicato una norma di accreditamento che fornisce il framework, le indicazioni generali per gli organismi che effettuano le verifiche, proprio rivolta alla verifica e validazione delle asserzioni. Si tratta della norma recepita in Italia come UNI CEI EN ISO/IEC 17029, rivolta a diversi tipi di asserzioni, come quelli ambientali. Tutte questi asserzioni possono essere verificate o validate. La differenza tra verifica e validazione sta nell’orizzonte temporale: la verifica va a valutare quello che è stato fatto e gli obiettivi raggiunti mentre la validazione ha un orizzonte temporale diverso, rivolta al futuro. Attraverso una norma vengono definiti quelli che sono i requisiti di chi va a fare la verifica, ma a supporto ci devono essere dei programmi, ovvero delle indicazioni specifiche per i diversi tipi di asserzione.

Un’altra norma importante rivolta alle asserzioni etiche, quindi anche alle asserzioni di sostenibilità, è la UNI ISO/TS 17033 che definisce quali sono i criteri minimi che deve presentare un’asserzione per essere considerata etica. A queste si aggiunge anche la Prassi di Riferimento UNI PdR 102:2021. Sono queste gli strumenti al momento attivi per poter appunto dare maggiore fiducia a quelle asserzioni etiche e che indirizzano i temi di sostenibilità che sono presenti appunto che vediamo tutti i giorni.

 

Un ulteriore strumento a disposizione è rappresentato dai cosiddetti schemi proprietari, quegli schemi che possono essere certificati sotto accreditamento nel momento in cui sono validati dall’Ente di accreditamento stesso. Che cosa sono e in base a quali criteri quali principi l’Ente li ritiene più o meno validi?

Accredia, come tutti gli Enti di accreditamento, effettua le valutazioni di idoneità all’accreditamento di schemi proprietari che ne fanno richiesta, verificando che ci siano tutti gli elementi importanti ed essenziali che deve presentare una norma. Così gli organismi possono effettuare le verifiche sulle aziende e sui prodotti, seguendo delle procedure internazionali definite sia a livello europeo, con il documento EA 1/22, sia a livello mondiale, con lo IAF MD 25. In questo modo vengono considerati i requisiti di valutazione della conformità ovvero cosa l’organismo di certificazione dovrà andare a verificare presso l’azienda. O, ancora, si va ad accertare quali sono gli elementi che deve avere chi effettua la verifica, ovvero l’ispettore, sia in termini di competenza sia in termini imparzialità.

Quindi Accredia fa in primis questo tipo di valutazione di congruenza con le norme di accreditamento e, successivamente, va a valutare che ci sia congruenza interna con quello che è lo scopo di certificazione e con le modalità per poter verificare la conformità rispetto a questo scopo.

Gli schemi proprietari nel campo della sostenibilità, che oggi è possibile certificare sotto accreditamento, sono diversi. Abbiamo due programmi per la verifica e la validazione delle asserzioni etiche per lo sviluppo sostenibile, quindi in accordo con la norma di accreditamento ISO/IEC 17029, la UNI ISO/TS 17033 e la UNI PDR 102:2021. Altri indirizzano requisiti per i sistemi di gestione per la sostenibilità. Altri schemi ancora forniscono una valutazione rispetto alle azioni svolte o in essere all’interno delle limitazioni nel raggiungimento degli SDGs (Sustainable Development Goals) dell’Agenda ONU 2030.

 

La recente proposta UE in tema di sostenibilità, prevede anche il ricorso agli organismi di certificazione accreditati per verificare le dichiarazioni non finanziarie da parte delle imprese. Quale ruolo potranno avere le valutazioni della conformità accreditate?

La Direttiva “Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD” che dovrebbe entrare in vigore a fine di quest’anno o agli inizi dell’anno prossimo, riguarda le informazioni che le organizzazioni devono rendicontare rispetto alle questioni ambientali, alle questioni sociali, al trattamento dei lavoratori, ai diritti umani, all’anticorruzione e alla diversità (in termini di età, di istruzione e formazione professionale).

Questa Direttiva nasce da un quadro molto più ampio: è uno degli elementi che va a supporto degli Accordi di Parigi e degli SDGs dell’ONU, e si inquadra nel Piano di azione della finanza sostenibile, pubblicato nel 2018 e aggiornato nel 2021, che ha l’obiettivo di definire in maniera condivisa e chiara quali sono le attività veramente sostenibili.

Da questo piano di azione è nata la Tassonomia europea per gli investimenti sostenibili, che attualmente è presente per la parte ambientale, e presto sarà anche disponibile per la parte sociale, che vuole dare una classificazione comune delle attività economiche che contribuiscono in modo sostanziale agli obiettivi ambientali. Oltre la tassonomia, c’è anche la necessità di definire delle modalità comuni per la rendicontazione, sia a supporto degli investitori sia a supporto delle imprese stesse, per poter dichiarare il loro livello di performance rispetto agli obiettivi.

Uno strumento fondamentale per le verifiche di queste dichiarazioni saranno i programmi basati sulle norme ISO/IEC 17029 e ISO/TS 17033, che dovranno verificare sia il rispetto della Direttiva, sia il rispetto dei disciplinari e degli standard di rendicontazione.