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Dieci anni di Accredia e due mandati: il bilancio di Rossi guarda al futuro

Intervista
30 gennaio 2021

Da dieci anni, l’Ente Unico di accreditamento sostiene le imprese e affianca le istituzioni per garantire la competenza di organismi e laboratori e l’affidabilità delle loro attestazioni. Anche nei momenti di crisi, come racconta il Presidente Rossi.

Gestione della pandemia, crescita economica, obiettivi di sostenibilità in Europa e nel mondo: il ruolo dell’accreditamento è sempre più centrale, come dimostra l’evoluzione delle attività di valutazione della conformità svolte dagli organismi e dai laboratori accreditati. Giuseppe Rossi, Presidente di Accredia, racconta la crescita dell’accreditamento in questi dieci anni, di cui sei a capo dell’Ente Unico.

 

In questi ultimi dieci anni il sistema dell’accreditamento è cresciuto in maniera costante, anche a fronte di una crisi economica prolungata e della recente pandemia da Covid-19.  Quali sono state le tappe più significative?

Da dieci anni a questa parte, nonostante la crisi economica del 2008 e l’attuale stato di emergenza, l’accreditamento ha registrato un’importante accelerazione. Il primo volano è stato il Regolamento europeo 765 del 2008, che stabilisce che in ogni Paese membro vi sia un Ente Unico di accreditamento. La crescita costante dal 2009 è dovuta a diversi eventi.

Intanto le imprese hanno capito che la qualità ha un valore e hanno raggiunto la consapevolezza che una certificazione accreditata è un buon viatico, specie per le aziende esportatrici. «Accredited once, accepted everywhere» non è solo uno spot, ma un valore reale. I numeri rispecchiano la maggiore fiducia riposta nelle certificazioni accreditate: 145mila organizzazioni pubbliche e private hanno un sistema di gestione certificato sotto accreditamento.

Inoltre, c’è stato un maggior ricorso all’accreditamento per decisione del legislatore europeo e di quello italiano, che, attraverso una serie di regolamenti, direttive e provvedimenti di attuazione, hanno stabilito l’accreditamento come requisito per abilitare e autorizzare gli organismi a svolgere determinate attività di valutazione della conformità. Quindi per Accredia, l’attività regolamentata, accanto a quella volontaria, è cresciuta in maniera significativa. C’è stato un primo gruppo di regolamenti europei che hanno richiesto l’accreditamento nel 2012, come nel settore ambientale, e poi in maniera costante il requisito, attraverso provvedimenti europei e nazionali, ha coinvolto via via più settori, fino a quelli più recenti degli strumenti con funzione di misura legale secondo il DM 93/2017, e per le verifiche degli impianti elettrici ai sensi del DPR 462/2001.

I soggetti accreditati, tra organismi e laboratori, sono passati da 1.200 a quasi 2.000. Raddoppiati anche i certificati di taratura, giunti a quota 166mila, mentre ogni anno i laboratori di prova testano circa 5 milioni di prodotti.

 

La pandemia ha rafforzato l’esigenza che i prodotti in commercio fossero sicuri e di qualità. Un esempio su tutti, le mascherine. Che contributo può dare l’accreditamento?

L’Italia è stata colta di sorpresa. Pochi laboratori eseguivano verifiche sui Dispositivi di Protezione Individuale e il Paese non aveva una produzione interna. Sono state messe in commercio anche mascherine provenienti dalla Cina, prive di marcatura CE. Le verifiche svolte dai soggetti accreditati sono state utili ad assicurare l’efficacia dei prodotti provenienti dall’estero.

Il decreto Rilancio ha inserito Accredia tra i partecipanti al Comitato tecnico chiamato a semplificare i criteri di validazione delle mascherine, così da reperire rapidamente il materiale necessario a fronteggiare l’emergenza. Di recente Accredia ha rilasciato i primi accreditamenti a laboratori italiani che svolgono i test previsti dalla norma UNI EN 14683 per le mascherine chirurgiche, attività che ci vede ai primi posti in Europa.

Infine, anche in tempi di smart working abbiamo assicurato la continuità delle attività di valutazione della conformità, attivando da subito le verifiche da remoto, in modo da tenere alto il valore dell’accreditamento per ognuno dei nostri clienti.

 

In che modo oggi l’accreditamento può supportare un rilancio dell’economia?

Dallo studio dell’Osservatorio Accredia sul valore economico e sociale dell’Infrastruttura per la Qualità, realizzato con la collaborazione di Prometeia, emerge che tra il 2013 e il 2018 il contributo delle attività di valutazione della conformità è stato quantificato complessivamente in 11 miliardi di euro, in termini di crescita del PIL.

I benefici tangibili per le imprese, i consumatori e la Pubblica Amministrazione sono, tra gli altri: riduzione dell’inquinamento e delle malattie di origine alimentare, diminuzione degli infortuni sul lavoro e dei costi associati per le imprese. Ogni anno l’accreditamento consente di risparmiare complessivamente 1,3 miliardi di euro. Inoltre una certificazione accreditata del sistema di gestione può determinare un incremento di fatturato che va dal 2% al 18%.

 

Nel corso della sua presidenza Accredia ha posto spesso l’accento sul valore aggiunto delle certificazioni accreditate per le imprese che esportano beni e servizi.

Sono diventato Presidente di Accredia nel 2015, anno in cui Milano ospitava l’Expo, e il mio primo intervento pubblico ha riguardato proprio l’importanza dell’export e del Made in Italy. Da un’analisi realizzata assieme a Istat, con cui collaboriamo da anni, risulta che la certificazione accreditata rappresenta per le imprese uno strumento utile a dimostrare ai partner stranieri l’alta qualità dei propri prodotti.

Nel 2018 le aziende esportatrici con un sistema di gestione certificato sotto accreditamento erano circa 19mila e avevano esportato beni per un valore di 230 miliardi di euro. I dati dimostrano che le imprese esportatrici certificate sono più produttive e che sono le PMI ad avvantaggiarsi maggiormente dell’accreditamento. La certificazione accreditata è un passaporto per l’export, un lasciapassare che consente di superare molte barriere.

 

A fine 2020 è stato siglato l’accordo per la Brexit. Quali conseguenze ci saranno sul sistema dell’accreditamento in ambito europeo?

Una prima riflessione è che l’accordo per la Brexit ha scongiurato il rischio del no deal. Resta fondamentale il ruolo del network europeo EA, European Accreditation. È un bene che l’accordo non si pronunci sulla partecipazione dell’Ente di accreditamento britannico, UKAS, in EA. Infatti, per ora non cambia nulla; col tempo si chiarirà se la Gran Bretagna resterà come full member, o come associate member.

L’accordo prevede la possibilità per gli organismi e i laboratori di ricorrere a subappaltatori per eseguire le valutazioni di conformità, e invita gli Enti di accreditamento, gli organismi e i laboratori ad aderire ad accordi internazionali per promuovere l’armonizzazione dei risultati della valutazione della conformità.

 

L’ONU ha posto l’obiettivo dello sviluppo sostenibile entro il 2030, la Commissione europea ha tra le sue priorità un’Europa climaticamente neutra entro il 2050 e lo sviluppo digitale. Quale contributo può offrire l’accreditamento?

Per prima cosa occorre definire nuove filiere industriali che operino in linea con i criteri di un’economia sostenibile, e servono investimenti: il punto di riferimento dovrebbe essere il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L’accreditamento offre già un contributo sostanziale rispetto ai 17 obiettivi dell’Agenda ONU. Oltre alla sicurezza sul lavoro e degli alimenti e alla salvaguardia dell’ambiente, altri settori strategici sono quelli delle biobanche, della gestione dei dati sensibili, del riciclo e del riutilizzo dei materiali.

Accredia ha promosso la Prassi di Riferimento UNI sui “claim di sostenibilità”, mentre la transizione energetica richiede nuovi strumenti e misure, che dovranno essere accreditati per poter fornire garanzie adeguate. L’accreditamento e le valutazioni della conformità accreditate ci accompagneranno con maggiore fiducia verso queste nuove prospettive future.